Pucci Arturo

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Biografia

Cantiere S.A. Picchiotti

Arturo Pucci detto Garfagnoli

Arturo Pucci detto Garfagnoli nasce a Capraia e Limite il 26 ottobre 1917 da Marino Pucci, anche lui carpentiere alla S.A. Cantiere Picchiotti, e da Gisa Benelli.

Identificativo di argomento

Nello stesso periodo conobbe

Identificativo di argomento

Pucci dal 1945

Identificativo di argomento

Nella vita del paese....


Le testimonianze della figlia

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In divisa da Alpino (in seconda fila il secondo da sinistra)

Il 26 aprile 1915 venne firmato il Patto di Londra e il 24 maggio l'Italia entrò in guerra contro l'Austria. Battisti si arruolò volontario e venne inquadrato nel Battaglione alpini "Edolo", 50ª Compagnia. Combatté al Montozzo sotto il comando di Gennaro Sora e Attilio Calvi. Per il suo sprezzo del pericolo in azioni arrischiate ricevette, nell'agosto del 1915, una medaglia di bronzo, trasformata successivamente in medaglia d'argento. Dopo essere stato promosso tenente, venne trasferito a un reparto sciatori al Passo del Tonale e successivamente al Battaglione Vicenza del 6º Reggimento alpini, operante sul Monte Baldo nel 1915 e sul Pasubio nel 1916.

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Targa apposta sulla casa natale a Trento, in piazza Duomo

Nel maggio 1916 si trovava a Malga Campobrun, in attesa dell'inizio della nota Strafexpedition (15 maggio - 15 giugno 1916), preparando la controffensiva italiana. Il 10 luglio il Battaglione Vicenza, formato dalle Compagnie 59ª, 60ª, 61ª e da una Compagnia di marcia comandata da Cesare Battisti, ricevette l'ordine di conquistare il monte Corno di Vallarsa (1765 m) sulla destra del Leno in Vallarsa, che era difeso dalle forze austro-ungariche. Il monte era un punto di osservazione importante nella zona del Pasubio e permetteva il controllo dell'intera valle sottostante.[1] Tra i militari coinvolti nell'azione vi fu anche il sottotenente Fabio Filzi. Lo stesso Battisti, scrivendo in quei giorni dal fronte, descrisse la situazione come tragica ma che il prezzo anche in vite umane necessario per raggiungere la vittoria doveva essere pagato.[2]

Cattura

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Stele dedicata a Battisti sul monte Corno a lui dedicato e dove fu catturato il 10 luglio 1916.[3]
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Il castello del Buonconsiglio in un'immagine scattata tra il 1914 e il 1918.

Negli scontri con i Landesschützen austriaci, molti alpini caddero o furono fatti prigionieri. Tra questi ultimi vi furono lo stesso tenente Battisti e il sottotenente Filzi che, dopo essere stati riconosciuti, furono tradotti e incarcerati a Trento.

Secondo alcune fonti[4][5] a riconoscere l'irredentista trentino fu Bruno Franceschini, originario della Val di Non e residente a Rovereto, tuttavia gli atti del processo ricostruirono una versione assai diversa. A prendersi il merito della cattura furono il tenente Vinzenz Braun[6] con i bersaglieri Alois Wohlmuth[7] e Franz Strazligg[8]. Bruno Franceschini comparve solo nella testimonianza di Johann Widegger[9] come chi materialmente riconobbe Fabio Filzi che aveva fornito generalità false.[10]

Negli atti Franceschini è indicato come Fähnrich (allievo ufficiale)[9] e non come Oberleutnant (tenente), qualifica che otterrà solo più avanti. Secondo un'altra versione il cadetto Franceschini, quando venne fatto prigioniero Battisti, era l'unico ufficiale in servizio che parlasse la lingua italiana, e il suo ruolo in tutta la vicenda si limitò al suo riconoscimento ufficiale e a denunciare l'irredentista sarebbero stati i suoi stessi soldati, e non Franceschini.[11]

Secondo una versione del generale Maximilian Ronge, capo dell'Evidenzbureau, la notizia della cattura fu accolta con entusiasmo da molta della popolazione trentina, che lo considerava un traditore. Quando i prigionieri giunsero a Trento la polizia e i militari presenti furono costretti a contenere la folla, per evitare che il Battisti e il Filzi venissero linciati.[12]

"Gli organi di stampa austriaci lo descrissero come «bancarottiere» (poiché era già soggetto a un mandato di cattura per fallimento colposo)[13], «truffatore», «vigliacco», «disertore», «traditore dei suoi e dai suoi tradito». Il processo, secondo alcune fonti, fu istruito senza garanzie per l'imputato e senza una difesa di fiducia, ed inoltre contrassegnato da grossolani errori procedurali".[14]

Tutta questa operazione aveva fini precisi per l'autorità asburgica perché Battisti era ancora deputato austriaco: "Una volta catturato, Battisti entrerà come attore in un apparato scenico in cui l'azione collettiva si sposa ad un'abile regia governativa", Battisti dovette subire moltissimi insulti e umiliazioni dai suoi carcerieri. In via Borgonovo la folla, composta in maggioranza da militari e funzionari austriaci, incominciò a fischiare, a schiamazzare e a ingiuriare i prigionieri: ingiurie come Hund (cane), Schuft (briccone), Canaille (canaglia)".[15] Gli insulti pronunciati in tedesco smentirebbero taluna storiografia anti-irredentista, la quale vorrebbe che anche alcuni cittadini trentini, quindi di ceppo italiano, avessero partecipato alle ingiurie. "Sovente volte i prigionieri vennero sputacchiati".[15] I testimoni riportano anche d'altri atti di violenza contro Battisti: gli furono gettati addosso polvere e zolfo con un mantice; fu percosso da una guardia cittadina; avendo chiesto da bere, gli fu offerta acqua sporca.[16]

Processo ed esecuzione

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Cesare Battisti su una carretta scoperta in via Garibaldi a Trento. È stato catturato da poco e viene condotto al castello per il processo.[17]
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Cesare Battisti nel momento della sua impiccagione per mano del boia Lang
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Mappa dell'esecuzione di Cesare Battisti e Fabio Filzi: 1) Scala che dal colonnato del Castello scende nel fossato 2) Attrezzo di ginnastica (altalena) con gancio nell'asse orizzontale 3) Palo di Filzi 4) Sbarre di ginnastica 5) Palo di Battisti, al cui piede era scavata una piccola fossa; i pali dei due condannati avevano un gancio alla sommità

La mattina seguente, il 12 luglio 1916, fu condotto insieme con Fabio Filzi davanti al tribunale militare, che aveva sede al Castello del Buonconsiglio, al tempo adibito a caserma delle truppe austro-ungariche.[18] Durante il processo non si abbassò mai alle scuse, né rinnegò il suo operato e ribadì invece la sua piena fede all'Italia. Respinse l'accusa di tradimento a lui rivolta, basata sul fatto d'essere suddito asburgico passato alle file nemiche e deputato del Reichsrat. Egli si considerò invece soltanto un soldato catturato in azione di guerra.

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Battisti dopo la sua morte messo in mostra dal boia Josef Lang tra militari e altre persone in posa per la foto.
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Fossa del castello del Buonconsiglio con i tre cippi che ricordano l'esecuzione di Damiano Chiesa, Fabio Filzi e Cesare Battisti.

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Alla pronuncia della sentenza di morte per giudizio statario mediante capestro per tradimento, Battisti prese la parola e chiese tramite l'avvocato d'ufficio, invano, di essere fucilato invece che impiccato, per rispetto alla divisa militare che indossava. Il giudice gli negò questa richiesta, si procedette invece a fargli togliere la divisa e a fargli indossare un abito civile consistente in un vestito grigio, a quadri, molto largo e un berretto da operaio.[19] dando esecuzione alla sentenza due ore dopo la sua lettura.[20]

L'esecuzione avvenne nella Fossa della Cervara, sul retro del castello alle 19:14. Battisti venne condotto al patibolo, dove venne letta ai presenti la sentenza non accompagnata dalle motivazioni. Le cronache riportano che la prima volta il cappio si spezzò, Battisti cadde, rimanendo addossato al palo e scuotendo la testa e che il carnefice ripeté l'esecuzione con una nuova corda. Pompeo Zumin, testimone diretto[21], scrisse che, qualche ora prima dell'impiccagione, aveva chiesto al boia (Josef Lang, venuto da Vienna e chiamato ancora prima che il processo incominciasse) come questa sarebbe avvenuta. Costui gliela spiegò mimandola con un assistente, passando una corda sottile attorno al collo di quest'ultimo: il corpo del condannato sarebbe stato sollevato di peso per poter fissare la corda al gancio posto in cima a un palo infisso per terra e poi lasciato cadere. Richiesto se quella corda fosse adatta per l'esecuzione, il Lang rispose che la corda buona la teneva nella valigia, donde effettivamente poi l'estrasse quando la prima si spezzò. Battisti non morì subito, il carnefice gli passò una mano sotto il mento, premendogli sulla bocca e sulle narici; accertata la sua morte ad un segnale i presenti tennero una pausa di preghiera a capo scoperto, quindi il cadavere di Battisti fu coperto da un lenzuolo bianco e nascosto alla vista tramite una staccionata mobile. Si procedette quindi all'impiccagione di Filzi, che morì immediatamente alle 19:37.

Cesare Battisti affrontò il processo, la condanna e l'esecuzione con animo sereno e con grande fierezza, nonostante la misera esposizione durante il tragitto in città, il fatto che fosse stato condotto alla forca vestito quasi di stracci e che non gli si permise di scrivere alla famiglia, ma solo di dettare a uno scrivano una lettera diretta al fratello Giuliano.

Le fasi dell'impiccagione di Battisti vennero documentate da una serie di immagini, scattate da diversi fotografi.[22]. Una di esse in particolare - ritraente il corpo di Battisti pendente dalla forca, circondato da persone in posa e sorridenti - venne in seguito definita "oscena" e così descritta dallo scrittore austriaco Karl Kraus (1874-1936) nella sua opera Gli ultimi giorni dell'umanità, pubblicata nel 1922: "Non solo abbiamo impiccato, ma ci siamo anche messi in posa, e abbiamo fotografato non solo le esecuzioni, bensì anche gli spettatori, e addirittura i fotografi [...] E il particolare effetto della nostra mostruosità è che quella propaganda nemica [...] non ha nemmeno avuto bisogno di fotografare i nostri misfatti perché, con sua grande sorpresa, ha trovato le nostre fotografie dei nostri fatti sul luogo stesso del delitto, dunque noi "al naturale" in tutta la nostra ingenuità", opponendo alla figura di Battisti - considerata positiva - quella negativa dell'imperatore Francesco Giuseppe[23].

Alla vedova Ernesta Bittanti fu liquidato l'importo di 10.000 lire dalla RAS, compagnia di assicurazione di Trieste, all'epoca austroungarica.[24] Cesare Battisti è ricordato nel canto popolare italiano La canzone del Piave, citato assieme a Nazario Sauro e Guglielmo Oberdan. In seguito all'esecuzione, Carlo Emanuele a Prato sorvolò Trento per gettare fiori sul luogo dell'impiccagione[25].

Le sue ultime parole

Template:Citazione Queste ultime parole sono confermate da numerose fonti: in primis le troviamo nelle motivazioni della Medaglia d'oro al valor militare che gli è stata assegnata, si possono leggere in un testo del 1916[26], compaiono nel sito dell'A.N.A.[27], sono riportate su testi di carattere generale o monografici[28][29] e vengono riprese anche da stampa in rete recente[30]. Anche la seconda edizione dell'Enciclopedia Italiana pubblicata nel 1930 riporta tale esclamazione.[31]

Ulteriori conferme si hanno da testimoni oculari dell'esecuzione: nel 1919 il dottor Pompeo Zumin, di cui fu pubblicato su L'Unità di Gaetano Salvemini[32], un ampio resoconto dell'esecuzione, il quale riferisce che ci sarebbe stato quasi un battibecco fra Battisti, che inneggiava all'Italia, e il pubblico, che in tedesco inneggiava all'Austria; nel 1987 Tullio Mosna in un'intervista realizzata dal quotidiano locale Alto Adige.[33]

Figura di intellettuale

Nel 1967 Claus Gatterer, in un'opera intitolata ironicamente Cesare Battisti: ritratto di un "alto traditore", riscopre le sue origini di intellettuale austro-socialista, dimenticate nelle opere scritte a suo ricordo durante l'immediato periodo postbellico. La figura intellettuale di Cesare Battisti è anche stata al centro del lavoro di Marco Albertazzi.

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Busto di Battisti, realizzato da Adolfo Wildt per il Monumento della Vittoria a Bolzano.
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Mausoleo di Cesare Battisti, a Trento
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Busto di Cesare Battisti conservato al Vittoriano di Roma
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Pio Gibellini, Busto di Cesare Battisti, gesso, 1917, Raccolte del Museo civico del Risorgimento a Modena.

Memoria politica e nella cultura di massa

Cesare Battisti è considerato un eroe nazionale italiano e a lui sono dedicati monumenti, scuole, piazze e vie in tutta Italia. A suo ricordo a Trento, in epoca fascista fu eretto un grande mausoleo sul Doss Trento, suo luogo di sepoltura, che sovrasta simbolicamente la città; la montagna su cui venne catturato fu chiamata Monte Corno Battisti. Porta il suo nome anche la quarta galleria della strada delle 52 gallerie sul Pasubio, gallerie scavate in occasione dei combattimenti della prima guerra mondiale.[34]

Nel 1926 Benito Mussolini decise di far erigere a Bolzano, al posto del “Monumento ai Kaiserjäger”, un monumento a Cesare Battisti: l'opera di Marcello Piacentini, inaugurata nel 1928, fu ribattezzata in Monumento alla Vittoria solamente dopo le fervide proteste di Ernesta Bittanti Battisti, moglie del martire, la quale non volle che la memoria di suo marito fosse strumentalizzata per l'intento imperialista del regime fascista nella nuova provincia annessa all'Italia nel 1919. Nella nicchia interna settentrionale del monumento fu comunque posto, per opera di Adolfo Wildt, un busto di Cesare Battisti, affiancato da citazioni tratte dalle Leggi delle XII tavole e da Tito Livio.[35]

Di seguito, il Mausoleo di Cesare Battisti fu invece eretto dal regime nel 1935 a Trento e posto in grande evidenza sul Doss Trento.

Nel 1978 la Rai realizzò una miniserie televisiva su Cesare Battisti dal titolo Alto tradimento - Un'indagine su Cesare Battisti con la regia di Walter Licastro e Franco Branciaroli nel ruolo di Battisti.

Il 12 luglio 2016, nel centenario della morte, è stato ricordato nella fossa del castello del Buonconsiglio dalle massime autorità della provincia.[36] Nel 2016 uscì il documentario Battisti 16.16: Trento e Cesare Battisti a cento anni dalla morte, scritto da Elena Tonezzer con la regia di Andrea Andreotti e pubblicato dalla Fondazione Museo Storico del Trentino.[37] Nello stesso anno, in occasione del centenario della morte, venne realizzato il documentario Cesare Battisti. L'ultima fotografia, con la regia di Graziano Conversano e prodotto da Rai CulturaRai Storia in collaborazione con la Fondazione Museo Storico del Trentino.[38][39]

Nel 2018, durante lo svolgimento dell'adunata nazionale degli alpini, il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, si è recato sul Doss Trento per rendergli omaggio.[40]

Cesare Battisti, quale figura ampiamente sfruttata dalla propaganda fascista e nazionalista italiana, in particolare nell'opera di italianizzazione del Trentino, è stato oggetto anche di studi storici assai meno celebrativi e più oggettivi, come per esempio quelli di Claus Gatterer.[41]

Opere

Onorificenze

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Note

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Mio padre raccontava che questo soprannome gli era stato dato dal dott. Giuseppe Picchiotti, all’età di 7 anni, il quale gli disse:- Se ti fai chiamare Garfagnoli, ti do cinque lire-. Lui accettò e prese i soldi. Questo soprannome è diventato parte integrante della sua persona, come per molti limitesi. Per lavoro veniva mandato a riparare barche in molte altre marine e tutti lo conoscevano come Garfagnoli. Da queste persone ha ricevuto anche lettere e cartoline di saluti indirizzate a “Arturo Garfagnoli”, anche dall’estero, che puntualmente gli sono state recapitate a casa. [testo redatto dalla figlia Daniela Pucci] Il tavolo da lavoro del Garfagnoli è oggi conservato al Museo Remiero - Centro di documentazione "Mario Pucci" della Cantieristica Navale e del Canottaggio, donato dalla famiglia nel 2019.